C’era gente qualche giorno fa a Castel Sant’Angelo, non le folle oceaniche di un tempo, ma un certo movimento sì e parecchi stranieri fra le persone in fila per entrare in uno dei luoghi più affascinanti e frequentati dai turisti a Roma. Un castello con i suoi potenti bastioni, di San Marco, di San Luca, di San Giovanni, di San Matteo, che racconta in modo vissuto la storia a cominciare da quella antica, essendo il Mausoleo di Adriano, e quella più recente, medievale e moderna. Non mancano nemmeno i richiami alla musica, a quella Tosca così viva nella memoria dei melomani innamorati di Giacomo Puccini. “Castello”, come veniva chiamato un tempo, non cessa d’incantare i visitatori di tutte le età offrendo a ciascuno qualche motivo d’interesse.
L’esposizione è articolata in tre sezioni. La prima proteggere la bellezza attraverso la sicurezza nei musei e nei luoghi dell’arte mediante l’uso della tecnologia, la seconda salvare la bellezza garantendo l’integrità dei beni culturali e qui il discorso si estende al mercato antiquariale, al collezionismo, alle donazioni, al commercio, la terza riguarda la fragilità della bellezza, la gestione dei beni in situazioni di emergenza come i disastri naturali e le guerre, attraverso la protezione, il recupero, il restauro dei beni in pericolo.
Per visitare la mostra “Il mondo salverà la bellezza?” bisogna arrivare alla Loggia intitolata a Giulio II della Rovere, da cui si scorge un magnifica vista sulla città e sul Tevere, in particolare sul Ponte Sant’Angelo, quel ponte Elio fatto costruire da Adriano per unire il proprio mausoleo al centro della città. L’esposizione si snoda lungo le sale degli appartamenti pontifici fatti costruire con ogni comfort dai papi a partire dal Quattrocento. Molto utili in caso di necessità . Clemente VII vi si rifugiò attraverso il Passetto di Borgo per sfuggire ai Lanzichenecchi e al Sacco di Roma del 1527 e vi rimase sette mesi. Vi si accede dal cortile d’onore, o cortile dell’Angelo, così chiamato perché ha al centro la statua di San Michele Arcangelo, realizzata alla metà del Cinquecento da Raffaello da Montelupo per la terrazza più alta di Castello e qui trasferita nel Settecento. Il percorso prosegue lungo sale ricche di storia e d’arte, la Sala della Giustizia, il cui nome rimanda all’ipotesi che qui siano stati celebrati i processi a Beatrice Cenci e Giordano Bruno, le sale di Clemente VII, la Sala dell’Apollo.
Una quarantina le opere esposte fra sculture, dipinti, ceramiche, monete più una ventina fra gagliardetti e bandiere del partito nazionale fascista, del partito comunista e dei sindacati postelegrafonici rubate a Roma fra il 2018 e il 2020 e recuperate entro lo stesso anno.
Lungo il percorso si possono ammirare oggetti d’arte recuperati dai Carabinieri nell’ultimo periodo e altri in anni precedenti. A colpire è un gruzzolo di monete di bronzo risalenti al III sec. a. C. trovate da un privato cittadino a Cornognano in provincia di Viterbo. Un vero e proprio tesoro costituito da 75 pezzi “Aes grave” emessi dalla Zecca di Roma, rara serie della prima monetazione romana. Reperti trovati nel sottosuolo, assicurati al patrimonio dello Stato grazie a una segnalazione nel 2019 della Soprintendenza Archeologica al Comando TPC. E si prosegue con recuperi di scavi clandestini. E’ il caso della statua raffigurante Afrodite di Cnido, copia romana di originale greco del I – II sec. d. C, recuperata a Ginevra con l’operazione “Andromeda” del 2010.
Nella sala accanto tre dipinti fra cui un capolavoro, “La Crocifissione” di Peter Brueghel il giovane (1564 -1638) dalla storia particolarissima: è stato rubato due volte e due volte ritrovato. La prima volta nel marzo del ’79 dai Carabinieri di Genova San Martino, a due mesi dalla scomparsa dalla chiesa Santa Maria Maddalena di Castelnuovo Magra. La seconda volta nel 2018. Ma fortunatamente nel frattempo, visti i precedenti, era stato sostituito da una copia. L’originale è conservato in un luogo segreto. Ma ora è in mostra eccezionalmente a Castel Sant’Angelo. Nella stessa sala Santa Caterina d’Alessandria del Cavalier d’Arpino. Ci si accorse della scomparsa (da quando?) dalla Chiesa del Gesù all’Argentina nel ’18 per ritrovarla dimenticata in un deposito di beni d’arte due anni dopo. Altro capolavoro “Santa Maria Maddalena penitente” dell’ambito di Paolo Veronese, rubata a Roma nel 2014, recuperata a Osimo l’anno successivo in un sequestro presso un facoltoso imprenditore marchigiano.
Si passa da un Cratere a calice a figure rosse del maestro ceramista greco Eufronio databile al V – IV sec. a. C., scavato negli anni Settanta a Cerveteri, finito a New York e restituito all’Italia a dicembre 2007, grazie alla cosiddetta “diplomazia culturale”, a lastre dipinte di produzione etrusca finite in Svizzera, a meravigliosi frammenti di lastre frontonali etrusche in terracotta restituite dal Museo di Copenhagen. Semplicemente splendidi i frammenti di un altorilievo in terracotta del III a. C., restituito dal Museo di Neuchatel. Sono parte del frontone di un tempio etrusco e rappresentano “Diana e Atteone”. C’ è anche un violino di Andrea Amati in legno di acero, realizzato fra il 1560 e il 1576, esportato illegalmente negli Stati Uniti nel 2010 e riconsegnato volontariamente da un cittadino americano l’anno dopo, avendo conosciuto la sua provenienza illecita. Gli strumenti antichi di maestri italiani del Cinquecento, Seicento e Settecento, infatti, sono molto ambiti dai collezionisti pronti a tutto pur di averli.
Ma è nelle sale dedicate ai beni salvati dal sisma del 2016 nel Lazio, in Abruzzo, Marche e Umbria, oggetti anonimi espressioni d’arte e di fede, di tradizione e memoria, sapientemente restaurati, che si apprezza in tutta la sua portata umana, oltre che culturale, l’opera della “Benemerita”. Da un lato “Madonna con Bambino in trono adorata da angeli” in pietra calcarea policroma (sono ancora visibili tracce di colore), di fronte un “Crocifisso” detto del S.S. Salvatore colto nella sua essenzialità,”in legno policromo del XIII sec. Chiesa della SS. Annunziata di Arquata del Tronto. E ancora una “Madonna con Bambino” in ceramica policroma del XVI secolo della Chiesa di S. Placido a Ussita e un Tabernacolo in legno policromo del XIII secolo del Monastero di S. Liberatore ad Arquata del Tronto.
L’evento, organizzato dal Centro Europeo per il Turismo e la Cultura di Roma di Giuseppe Lepore in sintonia con la Direzione Generale Sicurezza del Patrimonio Culturale ed il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo diretto da Mariastella Margozzi, non è solo un’esposizione di reperti recuperati dal Comando Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) dell’Arma dei Carabinieri, guidato dal Generale di Brigata Roberto Riccardi, da anni in prima linea nell’opera di difesa e salvaguardia dei nostri tesori storico- artistici, ma anche l’occasione di presentare i sistemi di prevenzione e salvaguardia adottati da musei e istituzioni in situazioni di emergenza per recuperare e mettere in sicurezza beni preziosi e fragili. Basti pensare ai terremoti. Le opere in mostra raccontano storie di indagini, ritrovamenti, recuperi, salvataggi che vedono protagonisti gli eredi del mitico “Nucleo” dei Carabinieri del Colonnello Roberto Conforti, che operano su tutto il territorio nazionale e oltre i confini attraverso i cosiddetti “Caschi Blu della Cultura”, in scenari d’emergenza, di guerra e di crisi. Del controllo della compra-vendita di oggetti d’arte si occupa l’Ufficio Esportazione del MiC in stretta collaborazione con l’Arma. Vengono utilizzati tutti gli strumenti a disposizione, tradizionali e modernissimi. Come le piattaforme webb, le banche dati, il monitoraggio continuo delle aste nazionale e internazionali. E naturalmente sistemi di sicurezza, di salvaguardia di prevendita, di videosorveglianza.
Museo Nazionale di Castel di Sant’Angelo, Lungotevere Castello – Roma. Orario: da martedì a domenica 9.00 – 19.30, lunedì chiuso. Fino al 4 novembre 2021. Informazioni: www.castelsantangelo.beniculturali.it Prenotazione obbligatoria.