“In Roma concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali che devono determinare le condizioni della capitale di un grande Stato”, scriveva nel 1861 Camillo Benso Conte di Cavour in un celebre discorso nel neonato Parlamento d’Italia, certo che la terza Roma sarebbe stata all’altezza della sua storia. Nonostante i dubbi di illustri intellettuali europei. “Ma che cosa intendete fare a Roma” chiedeva Theodor Momnsen a Quintino Sella una sera del 1871, poco dopo la Breccia di Porta Pia. “A Roma non si sta senza propositi cosmopoliti”, precisava perplesso lo storico tedesco profondo conoscitore di Roma, capitale della civiltà antica e di quella cristiana.
La grande mostra “Roma Nascita di una capitale 1870-1915”, in occasione dei 150 anni dalla sua proclamazione, racconta come si è giunti, dopo Torino e Firenze capitali provvisorie, alla proclamazione di Roma capitale del Regno d’Italia, ripercorrendo gli eventi storici e le profonde trasformazioni urbanistiche e sociali della città da quel fatidico 20 settembre 1870, segnato dalla Breccia di Porta Pia, al 1915 tra interventisti e neutralisti, con l’ingresso dell’Italia in guerra dopo circa un anno dall’inizio del conflitto, Nell’ultima sala campeggiano tre splendi dipinti interventisti di Giacomo Balla. La narrazione si articola su diversi registri, quello degli eventi e dei luoghi, degli imponenti lavori per creare servizi adeguati alle esigenze di una città così importante e quello delle persone, della vita di ogni giorno, dei mutamenti socio culturali.
Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è Curata da Flavia Pesci, Federica Pirani e Gloria Raimondi, organizzata da Zètema, il comitato scientifico è presieduto da Vittorio Vidotto, numerose e prestigiose le collaborazioni di università e istituzioni fra cui la Camera dei Deputati, importanti i prestiti. Catalogo De Luca Editori D’Arte. La mostra, che presenta circa 600 opere fra dipinti, sculture, disegni, fotografie e materiale grafico e documentario, si snoda in un percorso affascinante, dal ritmo incalzante. In ogni sala, accanto ai pannelli informativi e alle opere, a disposizione del visitatore anche disegni, grafici, supporti multimediali, video, filmati originali d’epoca che raccontano Roma com’era e come si stava trasformando. Tante cartoline, un tempo molto apprezzate e oggi praticamente scomparse, testimoniano il modo di andare in vacanza. E a commento citazioni di scrittori italiani e stranieri.
Il percorso espositivo si apre con il grande dipinto di Michele Cammarano la “Breccia di Porta Pia”, l’evento simbolo del cambiamento a cui si richiamano le scene di battaglia di Carlo Ademollo, le celebri fotografie di Gioacchino Altobelli che ricostruiscono con personaggi in posa l’assalto alle mura, i reportage sugli ospedali da campo di Ludovico Tuminello e il primo film realizzato a Roma qualche anno dopo da Filoteo Alberini intitolato “La presa di Roma”.
Ma cos’è Roma in quegli anni? Una città di 220 mila abitanti, addensati in una ristretta area fra Piazza del Popolo, il Campidoglio e l’ansa del Tevere, entro le mura Aureliane. Solo una piccola parte è abitata, il resto è costituto da ville patrizie con parchi e giardini, quindi vigne, orti e campi su cui emergono i resti archeologici. La popolazione è quella dell’antico regime, ecclesiastici, nobili latifondisti, mercanti di campagna e il popolo minuto che vive poveramente e di sovvenzioni. Tutto intorno la campagna laziale flagellata dalla malaria. “Intorno alla città, Er deserto”. Un contrasto tra le memorie dell’antico e la miseria del presente che per i viaggiatori del Grand Tour assume i contorni dell’esotico. Abitazioni in vicoli stretti e maleodoranti, indigenti che vivono di elemosina come nel dipinto di Federico Zandomenighi “I poveri sui gradini della chiesa di San Gregorio al Celio”. E sull’ ”Onda perenne del Tevere” dove si svolgono lavori e commerci quotidiani. Ma il fiume, quando è in piena cancella, ogni attività, ogni forma di vita, con la sua furia distruttiva. Alle immagini d’atmosfera di Ettore Roesler Franz, di Giulio Aristide Sartorio, dell’antico porto di Ripetta di Alessandro Specchi, voluto da papa Clemente XI Albani, si contrappongono quelle delle inondazioni disastrose a cui porranno fine i cosiddetti “Muraglioni”, argini altissimi decisi col piano regolatore del 1883 che spezzeranno per sempre il rapporto della città col suo fiume.
Di grande interesse è la documentazione relativa alla trasformazione urbana collegata all’aumento della popolazione che raddoppia in vent’anni e alla necessità di servizi, strutture e edifici adeguati alle necessità della città capitale del Regno. Lavori di ammodernamento, in base ai piani regolatori del 1872 e 1883, che cambiano radicalmente l’aspetto millenario della città. Per Gabriele D’Annunzio si tratta di un vero e proprio “vento di barbarie”. Una febbre edilizia, che in omaggio alla modernità, distrugge ambienti meravigliosi. Di Villa Ludovisi oggi sopravvive solo il Casino dell’Aurora, mentre i suoi giardini compresi fra Porta Pinciana e Porta Salaria vengono sacrificati alla lottizzazione, suscitando l’indignazione di D’Annunzio, Henry James, Hermann Grimm. Demolire per costruire ministeri, ospedali, per tracciare strade ampie e dritte, come Via Nazionale, Via Vittorio Emanuele, portando in superficie sculture e mosaici come quelli in questi giorni esposti alla Centrale Montemartini.
Importanti i lavori per la Camera dei Deputati che in un primo momento avrebbe dovuto essere ospitata in Campidoglio o a Palazzo Venezia, infine nell’antico Palazzo Montecitorio, già sede della Curia Innocenziana, adeguata alle nuove funzioni da Ernesto Basile. Il fregio allegorico è di Giulio Aristide Sartorio di cui è in mostra il lunghissimo bozzetto presentato alla Commissione della Camera per l’approvazione nel 1908. Una serie di fotografie tratte da cartoni dipinte a olio dall’artista. Prestito del Ministero degli Interni. Si trova normalmente nella stanza del Ministro.
Fra le più impegnative, lunghe e travagliate realizzazioni di quegli anni, la costruzione dell’Altare della Patria, del Ministero della Giustizia, dei monumenti a Cavour, a Garibaldi, a Giordano Bruno, la nuova Sinagoga. Nel 1907 Ernesto Nathan diventa sindaco di Roma, un ebreo di origini anglo-italiane mazziniano e massone che, grazie anche all’approvazione del governo Giolitti, dà avvio a un’amministrazione attenta alla sanità, all’istruzione, ai servizi pubblici.
Nel 1911, nel cinquantenario dell’unità si apre l’Esposizione Internazionale. Vengono costruiti il nuovo Ponte del Risorgimento, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna progettata da Cesare Bazzani, ci sono mostre regionali, la Mostra dell’Agro con la ricostruzione di una tipica capanna della Campagna Romana da parte di Duilio Cambellotti.
C’è spazio anche per la mondanità e il tempo libero. Per l’arte con la “Roma Bizantina” che unisce giornalismo e cultura sulle pagine della “Cronaca Bizantina”, pubblicata fra il 1881 e il 1885 dall’editore Angelo Sommaruga. Si aprono caffè, circoli della caccia e degli scacchi, si formano associazioni amatoriali destinare a durare a lungo, come quelle dei canottieri. Per la musica ci sono i café chantant come il Salone Margherita, per la musica sinfonica l’Accademia di Santa Cecilia al Mausoleo di Augusto trasformato in Auditorium, per l’opera il Costanzi inaugurato nel 1880, per la prosa il Quirino ricostruito nel 1882 (era in legno).
E poi c’è il cinema. Roma insieme a Torino è dal 1905 il centro produttivo della nascente industria cinematografica e nell’arco di un decennio una delle capitali del cinema mondiale con la Cines che aveva i suoi stabilimenti a Porta San Giovanni. Un montaggio della durata di 15 minuti riunisce le immagini girate a Roma fra il 1896 e il 1914, una Roma in bilico fra l’antico e il moderno.
Una mostra nella mostra, presenza costante lungo tutto il percorso, è costituita dalle fotografie realizzate fra il 1888 e il 1903 dal Giuseppe Primoli, un reportage su Roma e sui cambiamenti negli anni e sui suoi abitanti. Nel grande salone centrale con vista su Piazza Navona il clou. Un’ideale passeggiata attraverso le bellezze della città immortalate dall’obiettivo di Primoli in circa 70 immagini pressoché inedite in dialogo con bellissimi manifesti che pubblicizzano spettacoli e ogni tipo di prodotto, prestito della Collezione Salce di Treviso. Un’altra mostra nella mostra.
Palazzo Braschi, Piazza Navona 2; Piazza San Pantaleo 10.
Orario: da martedì a domenica ore 10 – 19, ultimo ingresso ore 18. Chiuso il lunedì. Fino al 26 settembre. Acquisto online obbligatorio per festivi e prefestivi. Informazioni